martedì 13 novembre 2012

Back in the Saddle, again!

Sono passati quasi quarant'anni dal loro esordio discografico e undici dal loro ultimo ultimo lavoro in studio. Tre raccolte - due antologie e una selezione di cover blues - separano Just Push Play, disco pubblicato nel 2001, dal nuovissimo Music From Another Dimension!, già nei negozi da questo martedì 6 Novembre.

Il disco in realtà doveva uscire lo scorso maggio, ma gli impegni del cantante come giudice ad American Idol, hanno fatto slittare la data della release.

Fra gli addetti ai lavori si è fatto un gran parlare di questo lavoro. In molti, infatti, dopo le voci messe in giro nel 2009 dal chitarrista Joe Perry riguardo la defezione di Steven Tyler e il suo capitolo definitivamente chiuso con la band, davano i cinque veterani del pop rock di Boston come finiti e le speranze di un ritorno discografico degli Aerosmith più come una bieca speranza piuttosto che come qualcosa di plausibile.

Al contrario di ogni aspettativa invece, il disco c'è e per di più si lascia ascoltare con entusiasmo!

Già dai primi mesi del 2011 infatti, il bassista storico della band, Tom Hamilton, lasciò trapelare qualche curiosità riguardo al materiale che stavano accingedosi a scrivere, e nel farlo non nascose che la band era seriamente intenzionata a lasciare da parte le 'sperimentazioni moderne' degli ultimi due lavori e ritornare a un sound più vicino alle origini, tanto da mettersi attorno ad un tavolo e pianificare il tutto affiancati dal primo produttore scelto per le registrazioni, uno dei Re Mida del mixer: Brendan O'Brien (sostituito successivamente in corso d'opera da Jack Douglas).

Non c'è da sorprendersi se ascoltando questo lavoro vi è la conferma che la band ha raggiunto l'obbiettivo che si era posta. Fin dalla prima traccia infatti,  si respira senza troppa fatica l'aria che si respirava nei pezzi che di fatto non solo hanno scritto la storia della band, ma anche di un certo tipo di rock in quelli che erano gli anni d'oro del genere.

Non esagero quando dico che alcuni pezzi sembrano quasi pezzi esclusi da dischi come Toys in the Attic o Rocks (ho detto esclusi, chevvelodicoaffare?), senza escludere i più recenti Permanent Vacation e Pump. Un pout pourri di tutto ciò che li ha resi dei pilastri della musica di un certo tipo, un mischione che l'ascoltatore medio, ma anche quello attento, non disdegnano di certo.

Sessantaquattro anni e non sentirli, insomma.

Traccia dopo traccia il sentore che si ha è che quello che si propaga nell'aria è un sound immortale, prodotto da cinque elementi che nonostante le vicessitudini personali, nonostante i problemi passati con alcool e droga, nonostante i dissidi interni, le defezioni, gli addii e i ritoni, nonostante tutto e tutti riescono comunque nell'intento di rendere la musica padrona indiscussa di tutto quanto, un collante efficace e cinvincente che rende ammaliante ogni cosa da loro prodotta.

Non siamo di fronte ad un capolavoro, chiaro, ma vorrei proprio sentire qualcuno di voi dire che gli Aerosmith sono capaci di scrivere ed eseguire brutte canzoni.

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